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This is Africa

Sveglia alle 7,00, è di nuovo lunedì e inizio già ad avere nostalgia del week end appena trascorso. L’entusiasmo da primo giorno di scuola, dopo solo 3 settimane, sembra già al capolinea…e mo?! Chiedo un sostegno speciale al caffè all’americana e alla fetta di pane tostato saggiamente ricoperta con due spessi strati di burro di noccioline e marmellata al lampone. Dopo tutto è lunedì, è mattina e dovrò camminare per mezz’ora…me lo posso permettere no?! E’ ciò che mi ripeto per sedare le paranoie sui chili di troppo.

Arranco fino a YCTC e il taglio del traguardo non è dei migliori. Caldo micidiale e la maglietta è totalmente zuppa. “Forza Maura!” mi ripeto. Mi rinfresco un attimo in bagno, cambio maglietta e si comincia. Come al solito passo in falegnameria per un mwaca bwanji* al volo a tutto il team ma Benjamin, il supervisore non c’è. Scoraggiata dopo le piccole sconfitte della settimana precedente mi metto alla ricerca. Lo trovo lì nel posto più inaspettato, lo storage, tra mobili impolverati che sostano in attesa che il cliente li venga a recuperare e fogli scarabocchiati con alcune quotazioni. Knock knock…odi odi?**. Alza lo sguarda, mi offre un caldissimo sorriso e pronuncia una frase che risuona come una dichiarazione d’amore. “Hi Maura, I was waiting for you to draft our weekly plan”. Mi illumino, il mio cuore si espande. Se solo potesse sapere come, con quella semplice frase, abbia totalmente stravolto il mio umore e illuminato la mia giornata!!! Mi avvicino, faccio spazio su una sedia e mi siedo di fianco a lui armata di una penna e di un quadernino in trepidante attesa per la pianificazione di una nuova settimana. Quel senso di sconfitta assaporato alla fine della settimana precedente lascia spazio ad una nuova euforia. “Ce la posso fare! Forse in parte gli slogan, lo spirito da coach e i grandi sorrisi non sono stati del tutto vani. Daje!”. Sono le 17 e la giornata è finita, la falegnameria ha già chiuso e anche la tailoring, della quale io e il mio pc siamo ospiti, sta per chiudere. Impacchetto tutto, carico lo zaino in spalla e intraprendo la via verso casa, ma prima è prevista una lieve deviazione per andare a vedere un orfanotrofio della diocesi dove io e Silvia nel week end pensavamo di dare una mano. Mi guardo intorno e tutto sembra ancora più pregno di magia, colori, visi, saluti…che pienezza. Continuo a vagare con la testa fra le nuvole e solo quando ad un certo punto noto posti mai esplorati mi rendo conto di aver sbagliato strada! Sono in mezzo al compound e non esistono né nomi di strade e neanche google map potrebbe aiutarmi. Faccio appello al mio senso dell’orientamento e come un beduino nel deserto ritrovo la via ma inaspettatamente anche Rosevelt e Super (i due assistenti della falegnameria), che si prestano a farmi da guida fino all’orfanotrofio. Passeggio con loro e mi sento ancora più a mio agio. Essere l’unica bianca nel compound a volte pesa. Ti salutano tutti come fossi un VIP. Li senti lontani, sembra che ti salutino non perché anche tu ormai come loro ogni giorno percorri la stessa strada ma solo perché la tua pelle è bianca. Purtroppo devi iniziare a rassegnarti all’idea che tu lì sei un extra comunitario con una pelle vistosamente diversa. Sei un Muzungu. Camminare tra Super e Rosevelt invece mi fa sentire a casa. E’ come se fosse una “presentazione” alla comunità. Passa solo qualche minuto e Super mi chiede se ho già preparato il Plan per la settimana. Mi spiega quanto questo piano sia importante per loro perché li aiuta ad avere un’organizzazione. Mi spiega che gli piace arrivare al mattino in falegnameria e controllare, sotto al suo nome, quali siano le attività della giornata. Mi ringrazia per avere introdotto questo strumento e per essere qui ad aiutarli. “Ma oggi è la mia giornata fortunata!?” mi chiedo, troppe emozioni e soddisfazioni tutte insieme…Un inizio col botto! La restante parte della settimana non potrà che essere in discesa. Niente di più sbagliato!

Mercoledì, all’ora di pranzo si presenta nella tailoring una big mama vestita di bianco. E’ Sister Nakamba, prenderà il posto di Mr Chokani insieme ad un’altra suora nella gestione di YCTC. Sono stata sempre molto lontana dal mondo della Chiesa e purtroppo so di avere tanti pregiudizi in merito. Questa volta però, sarà che sono così lontana dai miei punti di riferimento e dalla mia “vita occidentale”, decido di scardinare ogni pregiudizio e vivo il momento. Una voce calda, un bel sorriso, occhi luminosi e tanti racconti da condividere tra i quali anche i due anni passati a Roma in un convento dietro il Vaticano e gli altri anni passati tra Kenya, Congo e nel Copper belt (Nord dello Zambia). Mi invita ad andare a trovarla e a sentirmi libera di contattarla se ho voglia di visitare le varie missioni dell’ordine in Sud Africa (dove gestiscono un centro per ragazzini abusati sessualmente), o nel Copper Belt dove gestiscono una scuola primaria. Con un cuore vergine ripercorro le belle sensazioni trasmesse da Sister Nakamba.

Il 24 ottobre è l’anniversario del 51esimo anno dall’indipendenza dello Zambia. La popolazione di Livingstone si prepara festeggiandolo con danze ed eventi e tanto tanto alcol, come consuetudine, già dal giorno prima. La mattina del 24 invece alle 9 parte la parata che attraversa parte della città per giungere fino ad uno ampio spiazzo dove baldacchini e gazebi perimetrano la scena. Continua la parata. Dapprima presentazione dell’orgoglio “commerciale” e dei “servizi” zambiani. Sfilano i pullman di Shalom (prima compagnia Zambiana), pick-up con sopra divani di manifattura locale, pullman dei pompieri, striscioni di centri ricreativi e artistici di Livingstone. La sfilata finisce con l’esibizione delle forze militari e di polizia di Livingstone. Seguono canti, danze tipiche ed esibizioni di ragazzi delle scuole medie e dei licei del paese che si dilettano in danze e in poesie recitate con forte intensità. Finita la manifestazione io e Silvia ci dirigiamo verso la nostra sarta di fiducia per ritirare la nostra prima gonna in citengue. Alle 14,00 infatti siamo inviate ad un matrimonio Zambiano che qui ha un’organizzazione totalmente diversa dai nostri italiani. Finalmente, emozionate come delle bambine a carnevale, indossiamo il citengue, recuperiamo i trucchi abbandonati da quasi un mese in un mobiletto del bagno, collane, orecchini, finiamo di impacchettare il regalo e usciamo alla volta della casa dello sposo. La tappa successiva è un centro convegni cinese (The Oriental Swan) per le foto di rito con lo sposo, la sua famiglia e la famiglia della sposa. Ci comunicano però che la sposa rimarrà in macchina. La tradizione infatti vuole che la sposa non possa essere fotografata fino a quando lo sposo non le abbia alzato “il velo” (stoffa di citengue). Ci muoviamo tutti insieme verso il luogo dell’evento dove si terrà il kitchen party. La cosa strana è infatti che il matrimonio qui non inizia con la messa e termina con il ricevimento ma inizia con una festa che si svolge prevalentemente solo tra donne mentre la sposa rimane seduta sotto ad un baldacchino con un’espressione molto rigida con accanto due donne della sua famiglia. Attorno a lei balli, drink e chiacchiera tra le invitate. Sono state 5 ore stupende a chiacchierare con le altre invitate, ad osservare e fotografare le danze e gli altri gesti tradizionali come la consegna dei doni. In tale occasione, le donne sono tenute a ballare per la sposa durante la consegna del dono. Arriva il nostro turno per la consegna del regalo, Silvia, Anna e io ci alziamo e motivate dalle musiche coinvolgenti e dal fatto di indossare il nostro citengue, iniziamo ad agitare le anche e il fondoschiena per sentirci ancora più immerse nel rituale. Sembrerebbe che la performance sia ben riuscita! Torniamo al nostro posto, scattiamo le ultime foto e dopo poco, per le 19 la festa è finita. Arriviamo a casa sfiniti, mangiamo una cosa al volo e per le 22,30 siamo già a letto!

Che giornata! Che settimana! Un’alternanza di sensazioni ed emozioni. A volte mi sforzo come faccio in Italia a riflettere sull’esperienza, su quanto vissuto, su cio’ che ho provato e pensato ma qui in Africa sembra più difficile. La mente è libera, il cuore e la pelle sono pregni di vita, di stimoli. La testa è disarmata. Per una volta dopo 28 anni non è più così facile elaborare e comprimere la vita in una file zip da inserire nell’archivio dei ricordi. Non ci sono file, non ci sono archivi ben organizzati ma solo flussi di sensazioni, reazioni, battiti che ti fanno sentire finalmente allineata alla tua natura. This is Africa!

 

*Buongiorno nella lingua locale (Nyanja)

**Odi odi: in lingua Nyanja è un modo cortese per chiedere il permesso ad entrare.

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